Guardate, non è mica facile far capire la gravità della situazione quando si sparano là dei numeri (per quanto iperbolici): 20mila operai licenziati, 2 milioni di lavoratori precari tra i 25 ed i 40 anni, 3mila ricercatori che se ne vanno all'estero; sono numeri, a puro titolo di esempio, che magari ci impressionano nell'attimo in cui li leggiamo, ma che poi ci scivolano via come acqua fresca.
Come quelli che dicono "Ma non c'è già la crisi, andiam pur bene!". E' il caso di un collega che sentivo pontificare al bar. "Forse a noi le cose non vanno così male (che abbiamo comunque la fortuna di lavorare in un'azienda sana)" gli ho risposto "ma vallo a dire a quei genitori di bambini disabili che sono rimasti senza insegnanti di sostegno nelle scuole (ne parlavo qui)", "Vedrai che per loro la crisi c'è".
E' questo il punto, non riuscire a cogliere la situazione perchè non ci si è dentro o non si hanno esempi concreti cui fare riferimento.
Dire "i ricercatori fuggono all'estero", non suscita particolari emozioni, anche perchè i ricercatori sono un investimento sul futuro, ed allo stato attuale ci sembrano quasi una spesa parassitaria che si può anche tagliare.
Vi do io l'esempio concreto, allora: Ilaria Capua costretta a lasciare l'Italia. La ricercatrice fu la prima ad isolare il virus H5N1, quello dell'aviaria; si oppose alle intimidazioni, spendendosi per rendere le sue scoperte pubbliche ed accessibili a tutti. Ed ora proprio lei è uno di quei cervelli italiani che potrebbero lasciare il nostro paese, perché la ricerca ormai non ha più i fondi necessari per andare avanti.
Ilaria racconta quei momenti: "Ero assolutamente basita. Intimidita e scandalizzata al tempo stesso. Ma vi sembra un comportamento serio e adeguato alla situazione? I virus non aspettano. Siamo nella fase di espansione di una malattia epidemica, che per la prima volta nella storia colonizza il continente africano. L’Africa è piagata dalla povertà e dalla malnutrizione. Un virus che uccide i polli e le galline sottrae nutrimento anche alle fasce più povere della popolazione, l’epidemia è destinata ad allargarsi a macchia d’olio, e in una popolazione già flagellata dall’HIV e dalla malaria, per dirne solo due, un’altra infezione trasmissibile alle persone è pioggia sul bagnato".
E in Veneto è scoppiato il caso, che ora si allarga a tutta l’Italia, che si interroga come sia possibile che tutto ciò avvenga. Solo ora, però, che il caso porta il nome di Ilaria Capua, non quando le notizie rimangono numeri.
Ma il 16 novembre, inoccasione degli Stati Generali della Cultura a Roma, Ilaria commenta: "Per ora resto, vediamo come evolve la situazione", si dice "lusingata e commossa dell’affetto che il Veneto mi sta dimostrando. Mi infonde speranza ed energia per continuare a fare il mio lavoro al meglio. Ma se anche io rimango e altri 99 colleghi se ne vanno, non abbiamo risolto nulla. Il mio caso è l’esempio concreto delle lentezze burocratiche che frenano la ricerca e che non sono più tollerabili. I cittadini non le digeriscono più, ecco perchè io sono diventata un eroe per caso, ma il messaggio deve andare al di sopra del singolo, la vera urgenza è di tutelare il patrimonio scientifico e culturale del Paese. Bisogna fare in modo che i talenti non fuggano, se perdiamo la metà delle eccellenze l’Italia non si riprenderà, non è in grado di attrarne altre dall’estero".
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