Entro la fine del 2013 sparirà dal sistema giuridico cinese il laojiao (aodong jiaoyang, “rieducazione attraverso il lavoro”), la pratica correttiva/punitiva di lavori forzati che ha costituito un vero e proprio business per le amministrazioni locali.
Allora, per chi non fosse informato, chiariamo che la condanna penale ai lavori forzati era già stata abolita nel 1997, ad essere cancellata a sto giro è una pena amministrativa, comminata senza processo e che si traduce spesso in arbitrio. La notizia che una pratica così sommaria venga eliminata è certamente una buona notizia, dal punto di vista della democrazia e della giustizia.
Vorrei però parlare del laogai, cioè il procedimento di lavori forzati abolito come dicevo nel '97. Ecco, è questo sistema, previsto da una condanna penale, che mi piacerebbe veder rifinito secondo le regole della democrazia, del giudizio, della salute, ed attuato anche in realtà come la nostra.
Collegato ad espedienti come il braccialetto elettronico, sarebbe una valida alternativa alla pena detentiva; con le carceri italiane che versano in condizioni disumane (colgo l'occasione per esprimere la mia profonda stima allo storico esponente radicale Pannella per la caparbietà con cui conduce la sua lotta contro di esse), e con le spese dello Stato in perenne crescita, credo che i lavori forzati socialmente utili possano essere una buona misura, civile e rispettosa della dignità umana.
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