Capita così che domenica sera prendo il treno, raggiungo lo scompartimento, pienissimo nonostante il giorno e l'ora, e prendo posto. Per attaccare bottone, chiedo "Voi dove scendete?". Il viaggio è lungo, meglio una conversazione leggera che più di tre ore in silenzio, no?
"Bologna" mormorano svogliatamente due ragazze, che avevo già bollato come universitarie per la tipica aria un po' trasandata che hanno gli studenti fuori sede.
"Lecce", mi dice una ragazza molto giovante seduta nell'angolo opposto alzando gli occhi dalla sua rivista.
Nel sedile di fronte al mio è seduta una signora di mezz'età, elegante e dall'aria snob, un'ampia gonna ed una camicetta bianche con tanti piccoli fiori disegnati.
Una di quelle donne che ti immagini sedute in giardino ad un tavolo in ferro battuto dipinto di bianco mentre sorseggiano una tazza di the col bordo dorato. Per un attimo quell'immagine delicata mi fa venire in mente la domestica con cui Karen tentò di sostituire Rosario in una puntata di Will&Grace.
Si sente subito che è straniera, dal suo italiano scandito e senza inflessioni, "Io sono colombiana, vengo da Bogotà, scendo a Modena", ed aggiunge "Sono stata alla Conferenza Internazionale del Lavoro a Ginevra".
Rispolvero velocemente il mio inglese e le chiedo se si tratta di una rappresentante politica avendo partecipato ad un evento così importante; "No", si tratta di una ricercatrice e docente universitarià, invitata, se ho capito bene, come consulente. Si chiama Martha Monsalve (e se quello indicato nell'indirizzo email è il suo anno di nascita tanto di cappello, credo che mi trasferirò in Colombia).
Il mio volto s'illumina di stupore, e le chiedo di parlarmene (non avendo un registratore con me, posso fare solo delle ricostruzioni; in più c'è la variabile linguistica, per cui prendete con le pinze quanto scrivo).
"Là puoi vedere il futuro" mi racconta "Ci sono delegazioni degli Stati, dei lavoratori, delle diverse categorie produttive e degli imprenditori". "Abbiamo ripreso una carta dei diritti del lavoro dei primi del '900 ed ora dobbiamo renderla più moderna, scrivendo quattro punti fondamentali e quattro punti prioritari."
Improvvisamente le quasi quattro ore di viaggio mi sono sembrate pochissime "Sa, io svolgo per passione l'attività di giornalista, posso scrivere qualcosa su questa conversazione?".
Col suo consenso, continuo: "E per l'Italia cosa avete detto? Noi abbiamo appena fatto la Riforma del Welfare, cosa ne pensate?".
"Anche in Colombia abbiamo dovuto fare due grosse riforme del Lavoro, nel 1950 e nel 2003, perchè, come in l'Italia, avevamo una legislazione giudicata troppo paternalistica riguardo ai diritti dei lavoratori".
Annuisco. "C'era anche il Ministro Fornero?" chiedo ironicamente "Ha pianto?!". Sorride, capendo subito a cosa mi riferisco.
"Collaborando con un partito politico, avevo provato ad immaginare un modello di flessibilità in cui era il datore di lavoro a trovare il nuovo posto di lavoro ai dipendenti quando non gli occorreva più la manodopera..." ho spiegato, anche per trovare conferma che il mio non fosse un ragionamento così insensato (ne avevo parlato qui).
"Quello è un passo ancora più avanti sul fronte della flessibilità, della sicurezza e della mobilità" mi conferma.
"Però il problema in Italia è proprio il Mercato" ho incalzato "qui è tutto bloccato, in mano a pochi monopoli, senza concorrenza e competizione."
"Lei, per esempio" ho detto indicando la diciannovenne di Lecce, che studia giurisprudenza "per fare l'avvocato dovrà passare da un Ordine, un Albo professionale (cercavo disperatamente l'inglese di 'quaderno' o 'registro', per spiegarle di cosa stavo parlando, ma spero di essere stato chiaro comunque), che le dice dove può lavorare e quanto deve farsi pagare. Sono questi i problemi, non l'articolo 18!".
Lei annuiva, sbalordita (non credo non sapesse di cosa stavo parlando, forse era stupita del ragionamento). "E' così anche per parrucchieri, estetisti, farmacie.. devono darti la licenza, e se le hanno finite per il posto dove vuoi lavorare, non puoi farlo".
"Da noi, studi per il settore in cui vuoi operare, e puoi lavorare liberamente..".
"E per i giornalisti è anche peggio" ho aggiunto "Durante il fascismo, nel 1925, istituirono l'Ordine per controllare la stampa, e da allora non l'hanno più tolto, è molto difficile svolgere l'attività liberamente.." (non sono sceso nei dettagli, anche per il mio inglese non proprio eccelso, ma il senso non cambia).
Siamo arrivati a Modena, la sua fermata. Martha mi ha lasciato il suo recapito e mi ha salutato caldamente. Un incontro che non dimenticherò.
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