Nella mia breve esperienza di rappresentante sindacale, mi sto accorgendo che ormai, ad essere sotto l'occhio delle associazioni datoriali non ci sono più retribuzioni o flessibilità dei contratti, ma si sta attaccando e sgretolando la Cultura del lavoro. Si smantellano così i diritti faticosamente conquistati negli anni.
Ad esempio, circola voce secondo cui nei rinnovi dei contratti nazionali si vorrebbe inserire una postilla per cui 'dal quinto episodio di malattia nel corso di un anno' la retribuzione viene azzerata.
Non sono più in pericolo la stabilità del posto di lavoro o la sicurezza economica, ma tutti il corollario di garanzie e tutele che formano appunto la Cultura e la Dignità del Lavoratore; e probabilmente questo è anche peggio.
Nella nostra ansia di difendere il posto fisso, mentre scendevamo in piazza contro Treu, Sacconi e la Fornero in adorazione di quell'idolo d'oro che credevamo fosse l'Articolo 18, hanno cominciato a tagliarci diritti e garanzie, indebolendo l'essenza stessa del lavoro.
E così, per abbatterne il costo e metterci in concorrenza col resto del mondo, si sceglie ancora una volta di colpire l'ultimo ingranaggio, i lavoratori, quando i problemi del welfare sono altri, come la burocrazia e la giustizia, come diceva anche quel pericoloso bolscevico travestito da democristiano di... (qui).
Servono LIBERTA' di lavorare, cioè di autodeterminarsi, fare impresa e mettersi al servizio della società, scardinando corporazioni e regole di settore, e DIRITTI per chi lo fa, in proprio o per chi è dipendente da altri.
Forse, con le opportune limature, sarebbe meglio un Mercato del Lavoro in cui non ci fosse l'Articolo 18, ma esistesse solo il contratto a Tempo Indeterminato, con Malattia, Ferie e Contributi garantiti; Ordini Professionali col solo compito di vigilare sulla deontologia propria di ciascun ruolo, senza limiti di accesso per Avvocati, Notai, Estetiste, Parrucchieri o Farmacisti; Orari e Giornate di Apertura scelti liberamente da aziende e lavoratori. Boh, pensateci.
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