Nel 2010 veniva presentato un documento a firma di due economisti di Harvard (Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart) che attestava scientificamente come quella del rigore è la via maestra per il risanamento e la crescita.
Ma i conti erano sbagliati. E non lo scoprono le eminenti riviste economiche o gli istituti che hanno fatto da cassa di risonanza, con oltre 2000 citazioni, allo studio, ma uno studente della Amherst in Massachusetts, che per esercizio doveva ricalcolare i risultati di quella famosa ricerca. Tre anni dopo; e tre anni mica morbidi, tre anni di tasse, tagli e suicidi.
Paul Krugman, economista e docente a Princeton, dal suo blog smonta compiaciuto il lavoro di Reinhart e Rogoff; ed anche Olivier Blanchard, il capo economista del Fondo monetario internazionale, era stato costretto a fare mea culpa: dopo aver spinto a lungo per il rigore e la riduzione del deficit, al Fmi si sono accorti che avevano sbagliato qualcosa: ogni taglio alla spesa pubblica in tempo di recessione aveva conseguenze sul Pil più gravi del previsto.
"Lo dice anche l'OCSE" o "Ce lo raccomanda il FMI" ci hanno ripetuto i sedicenti esperti in questi anni. Ma -OPS!- i numeri erano sbagliati.
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