Non hanno detto solo che "il finanziamento pubblico ai partiti è ineliminabile" (la frase che ha scatenato un sisma di inaudite proporzioni in rete, ne parlo qui); nelle proposte contenute nella relazione finale del lavoro dei Saggi, ci sono anche alcuni appunti sull'esercizio della Democrazia Diretta, ossia riguardante la legislazione dei referendum e delle leggi di iniziativa popolare. Osservazioni non così scontate che meritano qualche riflessione.
Prima di tutto, per entrambi gli strumenti, si indica la possibilità di innalzare il numero di firme, anche legandola all'innalzamento demografico: gli attuali requisiti, infatti, furono fissati nel '48, e la popolazione italiana di allora era circa di 46 milioni di persone.
"Così soffocano l'esercizio della Democrazia popolare!" obietterà qualcuno, ma io la trovo una giusta annotazione, da affiancare però ad un'imperativo per le istituzioni di legiferare in materia (non come oggi che le leggi d'iniziativa popolare restano anni a prendere la polvere nei cassetti). "Dalla presentazione del progetto con il numero di firme prescritto deve derivare uno specifico obbligo di deliberazione per le Camere" scrivono infatti i Saggi in proposito.
Si incoraggia anche un cambio radicale nel calcolo del quorum (che io a suo tempo avevo pensato riducibile al 20%, qui): non, com'è oggi, metà +1 non degli aventi diritto di voto alla Camera, ma dei VOTANTI per la la Camera alle ultime elezioni.
Non so se riescono a spiegare la portata della cosa: alle ultime elezioni ha votato il 75,19% degli aventi diritto; secondo i Saggi, quindi, il quorum dovrebbe essere del 37,595% +1 (almeno fino alle prossime elezioni).
Attualmente, inoltre, la Corte Costituzionale decreta l'ammissibilità di un quesito referendario solo dopo la raccolta delle firme, col rischio di mandare al macero la passione e l'impegno popolare che i richiedenti hanno messo nel lavoro in strada o sui banchetti. Anche sul tema, i Saggi si pronunciano, e propongono di "collocare il giudizio di ammissibilità del quesito da parte della Corte Costituzionale non dopo la raccolta di tutte le firme, ma dopo la raccolta di un certo numero, ad esempio 100.000, adeguate a comprovare la serietà della proposta".
Consigli anche riguardo alle consultazioni riguardanti le modifiche alla Carta, in quanto "si propone (...) che le leggi di revisione costituzionale possano sempre essere sottoposte a referendum popolare confermativo."
Ricalcando poi l'esempio della legge francese n.276/2002 sulla "démocratie de proximité”, e come richiesto dalla dalla Convenzione di Aarhus del 1998, propongono un confronto ampio, coinvolto e partecipato dei cittadini per la realizzazione degli interventi infrastrutturali (le "grandi opere") che coinvolgono i territori.
Che dite, è proprio tutto da buttare il lavoro dei Saggi?
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