Con l'arrivo di settembre entra in vigore la legge Levi, un altro colpaccio messo a segno dalla maggioranza capitanata dal 'più grande liberale degli ultimi 150 anni'. Che la legge porti il nome del deputato PD Ricardo Levi è ancora più grave (il perchè lo spiego qui, qui, qui, qui e anche altrove).
Il testo, presentato prima alla Camera nel 2008, ha trovato l'approvazione bipartisan del Senato quest'estate, e appunto da settembre colpirà gli editori, i librai e soprattutto i lettori.
Cosa prevede questa legge? Impone sui libri un tetto massimo di sconto sul prezzo di copertina, pari al 15%. Una misura protezionistica che penalizzerà soprattutto i canali distributivi on-line, come Amazon (guarda caso la legge è stata approvata a pochi giorni dal suo sbarco in Italia, ndr).
E' amareggiato Martin Angioni, country manager di Amazon per l’Italia: “Noi preferiamo operare in mercati che assicurano migliori condizioni di concorrenza e dove la più ampia fascia di pubblico possa comprare. Perché non solo è sbagliato che lo Stato intervenga sul prezzo nel mercato editoriale, ma se è vero che il problema è che la domanda di libri non cresce, allora questa legge non fa nulla a beneficio dei lettori reali e potenziali”.
Contro la legge Levi anche Serena Sileoni, responsabile della piccola casa editrice Liberilibri, e in più come lettrice è anche molto arrabbiata. Ha già promosso una petizione che ha raccolto migliaia di firme, e racconta: “Non riesco a credere che tanti miei colleghi abbiano salutato questa legge come un favore alla microeditoria. Che fine hanno fatto gli stimoli alla lettura? E poi l’obiettivo non dichiarato della legge tradisce uno spirito conservatore: intende colpire il commercio elettronico, che ne farà le spese. Ai grandi editori cambierà poco, mentre proprio per i più piccoli, in occasioni importanti tra cui le fiere, le limitazioni agli sconti si riveleranno un’arma a doppio taglio”.
Sono due infatti i punti che questo provvedimento tocca e lede: il sostegno alla cultura, annoso problema che non viene neanche preso in considerazione, e la tanto sbandierata fede nel libero mercato, frantumata da una legge corporativista che difende gli interessi di pochi.
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