Ricordate il referendum svoltosi il 12 e 13 giugno per non privatizzare l'acqua? All'articolo 4 del decretone anticrisi si riscrive la legge abrogata dal 1° quesito della consultazione di quest'anno.
Sotto un fumoso titolo istituzionale, "Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dell’unione europea", si reintroducono alcune norme contenute nell'art. 23 bis del dl convertito nella legge n.133 del 6 agosto 2008. Proprio quell’articolo 23 bis che era stato abrogato dal Referendum 2011.
Con la manovra quindi si reintroducono le liberalizzazioni nelle attività economiche, esattamente com'era previsto nell'articolo abrogato, compatibilmente con 'le caratteristiche di universalità e accessibilità del servizio'. In nome dell'urgenza e dell'emergenza si schiaccia la volontà popolare espressa dagli italiani a primavera.
Le reazioni? Bersani, il cui partito ha cavalcato in maniera insolente il risultato raggiunto (ne parlo qui), non ha quasi detto nulla in merito, se non, parlando della contromanovra, che "Il Pd è contro la privatizzazione forzata, ma non contro le gare e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali".
Più decisa (e ci vuole poco) la reazione dell’Assessore ai Beni comuni e alla democrazia partecipata di Napoli Alberto Lucarelli; in una lettera-appello firmata, fra gli altri, da Ugo Mattei, Gabriele Polo, Alex Zanotelli e Giorgio Airaudo, ha dichiarato:
"La manovra finanziaria calpesta la Costituzione e in particolare il principio della sovranità popolare, disattendendo l’esito referendario. Si reintroduce, a parte l’acqua, il processo neo liberista e di mercificazione dei servizi pubblici e dei beni comuni, strumentalizzando una contingenza economica difficile per il Paese. Si sovverte la gerarchia delle fonti introducendo, con un decreto legge, una silente riforma costituzionale che devasta i principi dell’attuale costituzione economica, in particolare gli articoli 41, 42 e 43 che limitano l’iniziativa economica dei privati al rispetto dell’utilità sociale, della dignità dei lavoratori, della funzione sociale della proprietà, oltre che il principio di gestione pubblica partecipata dei servizi pubblici essenziali. La città di Napoli è in controtendenza rispetto a questa deriva e si propone come città simbolo della tutela dei beni comuni e della democrazia partecipata."
Un'altra forzatura, con cui l'arroganza del Governo travolge una decisione della tanto invocata volontà popolare, che, come qui e qui, approfitta della crisi per distruggere diritti e solidarietà sociale.
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l'avevano detto alcuni "abrogando una legge fatta abbastanza bene, nulla vieterà al governo di passare una legge peggiore, con poche regole e poco chiara cosi come fu per i finanziamenti ai partiti". ma nessuno ascoltò.
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