Al centro della polemica è finito stavolta il giornalista Max Laudadio, prima inviato di Striscia la Notizia, poi delle Iene ed ora conduttore di "Attenda in Linea", uno sfogatoio in onda alle 10 su Radio Due. La vicenda ha innescato reazioni anche a livello istituzionale, con il Presidente del Senato intervenuto con il direttore generale del servizio pubblico Lorenza Lei per far sospendere il programma; “il servizio pubblico non può denigrare le Istituzioni. Non posso consentire che la pur comprensibile critica di alcuni aspetti di quelli che ormai vengono comunemente chiamati ‘costi della politica’ trascenda in espressioni indiscriminatamente oltraggiose, tanto più da parte di un professionista del servizio pubblico” ha commentato Schifani
Tutto parte dall'intervento di un ascoltatore: “Ho letto con sdegno che questi signori, che guadagnano 15mila euro al mese, possono mangiare il filetto a 7 euro”. E' la risposta di Laudadio ad accendere gli animi: “E’ folle. Se almeno ’sti delinquenti facessero il proprio lavoro, ma non lo fanno”.
Et voilà, l'antipatia per la casta esonda fino all'insulto. E scatta il bavaglio.
In questa vicenda ci sono due questioni aperte: l'insulto di Laudadio e la purga imposta ad un giornalista.
Mentre per la seconda non posso che schierarmi a favore del giornalista, che ha visto limitata la propria libertà d'espressione con la sola colpa d'interpretare un sentimento ormai diffuso tra la gente, non posso neanche fare a meno di riconoscere l'esagerazione in cui egli è incorso: un professionista serio dovrebbe saper valutare e ponderare il valore delle parole.
Si stava parlando di sconti eccessivi sul menù di una mensa, uno scandalo neanche paragonabile a scalate o loggette varie, e per questo credo che l'uso di una parola così forte, DELINQUENTI, sia quantomeno eccessivo, così come però la pretesa di zittire una voce libera, a cui bastava un'ammonizione od una sospensione.
Se si lanciano epiteti così pesanti per un filetto di carne, cosa si userà per commentare mafiosi o corrotti?
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