Nel correggere le notizie circolate sul Papa nei giorni scorsi (qui), ci sarebbe da segnalare un'inesattezza riguardo all'attività legislativa della rappresentanza ugandese ricevuta da Benedetto XVI.
Pare infondato quanto si dice su Rebecca Kadaga, la Presidentessa del Parlamento ugandese che sarebbe sostenitrice del Kill the Gay Bill (ne parlavo qui). Le cose non starebbe esattamente così.
La Kadaga è, sì, promotrice di una legge contro l'omosessualità, ma nell'ultima revisione la pena di morte sarebbe stata depennata. Inoltre, a definire la norma un 'regalo di natale' non sarebbe stata lei, ma alcuni sacerdoti della chiesa evangelica che ne auspicano l'approvazione entro l'anno.
E' però importante sottolineare come all'articolo 5 del testo, si dica che non si possono punire i crimini commessi a causa di "un diretto coinvolgimento nell’omosessualità"; secondo gli attivisti lgbt, questo articolo rende di fatto legale l’omicidio degli omosessuali.
E questo, forse, è ancor più grave della millantata 'pena di morte per gli omosessuali', in quanto apre le porte alla giustizia privata, un abominio civile che va contro ogni logica di democrazia e pacifica convivenza. Non lo dico perché sono coinvolti dei gay, sia chiaro, ma il 'farsi giustizia da soli' non dev'essere mai tollerato in una società civile ed evoluta, come l'Uganda ambirebbe a diventare.
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