C'è un paese in Asia che, pur nella sua povertà, ha fatto suo il concetto quello che volevo esprimere io qui.
Il piccolo regno buddista (e questo occhio che non è un particolare da ignorare, ndr) del Bhutan sta rivoluzionando il suo modello di sviluppo. Il nuovo paradigma economico, che sta attirando la curiosità di molti osservatori ed associazioni internazionali, si basa sulla Felicità. Sono già quattro anni che è questo il parametro di calcolo del progresso del paese, il cosiddetto 'indice di felicità lorda'.
In un incontro con i Capi di Stato e di Governo, invitati nella capitale Thimpu, il primo ministro Jigmi Thinley, ha spiegato e discusso su come riformare il sistema finanziario internazionale, dando vita a nuovi modelli con cui determinare il progresso di una nazione: “Dobbiamo ripensare questo modello basato esclusivamente sulla crescita e capire come possiamo prosperare in armonia con la natura. Non possiamo accettare come irreversibili la distruzione della natura e il collasso finanziario”.
Gli indicatori presi in considerazione non sono più meri bilanci aziendali, pil o saldi import/export, ma la qualità dell’aria, la salute dei cittadini, l’istruzione o la ricchezza dei rapporti sociali. Il Paese è uno dei più poveri dell’Asia (con un Pil pro capite di 1,800 dollari), ma secondo un sondaggio della rivista Businessweek, è anche la nazione più felice dell'intero continente, e l’ottava al mondo.
Infatti, nell'agosto 2011, il modello bhutanese fu fatto proprio dall’Assemblea generale dell’Onu con una risoluzione che riconosceva il raggiungimento della felicità come un traguardo fondamentale dell’uomo ed esortava gli Stati membri a sviluppare metodi più puntuali per misurare il benessere dei propri cittadini.
I teorici di questo modello, con a capo il giovane monarca 32enne Jigme Khesar Namgyel, puntano nel loro programma soprattutto al miglioramento dell’istruzione ed alla protezione dell’ecosistema; compare anche un sibillino 'controllo dei media', ma è spiegato come si voglia solo evitare l'induzione a bisogni artificiali o ad un consumismo sfrenato ed inutile.
C'è da sottolineare un altolà a tutti quei neoluddisti che ogni giorno inveiscono contro la tecnologia e la modernità ("si stava meglio quando si stava peggio" e luoghi comuni del genere, ndr), perchè questo non vuole essere un ritorno al passato e/o alla 'vita semplice'; nel documento di presentazione di una conferenza sul tema si legge “Nel mondo vivono sette miliardi di persone. Questo comporta tremende difficoltà nel soddisfare i bisogni di tutti ed essere capaci di agire in società complesse. Ogni tentativo di riportare indietro le lancette dello sviluppo tecnologico porterebbe soltanto disastri”.
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