Con l'alba dei contratti flessibili, vengono distinte le figure di committente ed appaltatore del lavoro. Il committente è colui che necessita dell'opera del lavoratore, ad esempio per una ricerca di mercato, mentre l'appaltatore è chi di quella manodopera si serve materialmente, ad esempio un call center.
Il meccanismo di responsabilità solidale tra queste due parti metteva in sicurezza il lavoratore, che, qualora non venisse correttamente retribuito dall'appaltatore, effettivo datore di lavoro, poteva rivalersi sul committente.
Con il comma 31 dell'articolo 4 della riforma, si stravolge questa garanzia, perchè ora il lavoratore potrà chiedere il pagamento delle retribuzioni e/o contributi non pagati al committente solo dopo aver proceduto esecutivamente nei confronti dell’appaltatore datore di lavoro. Ovvero dopo aver intentato causa e pignorato il suo patrimonio.
Per quei precari che cerceranno di far valere i loro diritti nei confronti di aziende dove sono stati allocati da agenzie interinali insolventi o disoneste, si disegna un percorso lungo e difficile, almeno un anno, tempo medio per la giustizia nel mondo delle imprese.
Questa modifica, inoltre, fa cadere anche il rapporto di intesa, collaborazione e controllo reciproco che doveva legare committente ed appaltatore, in quanto era interesse di entrambi che ognuno svolgesse correttamente il proprio ruolo.
Sono queste le parti peggiori della Riforma, quelle che disumanizzano il mondo del lavoro, interrompendo rapporti di fiducia e facendo cadere le guarentigie che Biagi aveva previsto per renderlo più flessibile e moderno a tutela dei lavoratori.
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