Tra pochi giorni la Corte Costituzionale si esprimerà sull'interpretazione e sulla legittimità dell'articolo 4 della legge 194, quella sull'aborto, da qualche anno diventata terreno di scontro tra laici e cattolici. Il tema è ancora una volta la definizione giuridica dell'embrione.
La Corte Europea ha sancito la non brevettabilità dell'embrione umano (e ci mancherebbe altro!), ma a quel punto un giudice del Tribunale di Spoleto, quello che ha sollevato la questione alla Consulta, ha espresso il dubbio per cui, forse, se non è brevettabile, è da considerare un soggetto giuridico autonomo, che vanta quindi i diritti garantiti dalla Costituzione.
L'aborto, che comporta la distruzione dell'embrione, confliggerebbe con gli articoli 2, riguardante i diritti inviolabili dell'individuo, e 32, quello che garantisce il diritto alla salute.
Ma dico, vi rendete conto? Dopo 34 anni (la legge 194 è del 1978), siamo ancora qui a fare le pulci ad una legge che era riuscita a trovare e definire un equilibrio tra le istanze liberali e quelle cattoliche (il limite è quello dei 90 giorni per accedere all'interruzione di gravidanza, salvo motivi medici).
Una legge di civiltà, che, regolamentandolo, è anche riuscita a quasi debellare la piaga dell'aborto clandestino, e di libertà, confermata anche da un referendum del 1981.
La colpa di aver riaperto il calderone sulla 194 io la do a Berlusconi, che nelle sue smania di assecondare i fervori reazionari dei cattolici, e conquistarne l'elettorato, chiese nel 2008 anche la moratoria all'Onu contro l'aborto, scavalcando i democristiani dell'UDC.
La sentenza dovrebbe arrivare il 20, e speriamo che ancora una volta la Magistratura si dimostri più avanti della Politica (com'era successo qui).
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