martedì 28 febbraio 2012

Vogliono farla andare a Diesel

Era da un po' che volevo parlare di pensioni, ed un contributo di Roberto Rava pubblicato in rete mi dà oggi l'occasione per farlo. Lo ringrazio per la collaborazione.

Secondo l'Istat la speranza di vita aumenterà progressivamente in maniera costante e l'età pensionabile verrà adattata automaticamente alla nuova speranza di vita riveduta ogni 3 anni. Roberto si chiede, giustamente, alcune cose:
1) Quali sono i parametri su cui si basa l'Istat? (come lui non ha avuto risposte da un broker, io non ho trovato in rete documentazione al riguardo)
2) Se la speranza di vita dovesse diminuire si abbasserà l'età pensionabile? (la risposta dovrebbe essere Sì, ma un video sul sito dell'INPS dice il contrario)
3) E' cosa appurata che se diminuisce la ricchezza diminuirà non solo il benessere ma anche l'aspettativa di vita; a Roberto hanno risposto che "le medicine ci faranno vivere di più!", e con lui noto che quindi vivrà di più "chi ha i soldi per curarsi!".
In conclusione, quello che lui disegna per il futuro è uno scenario apocalittico:
"i poveri (che saranno sempre di più) pagheranno le pensioni ai ricchi (...) che vivranno meglio e più a lungo".

Negli ultimi anni si è cercato di portare al centro l'assistenza complementare, ossia tutti quegli strumenti (come fondi privati e polizze integrative) che si profetizza saranno chiamati a sostituire il servizio previdenziale statale.
Per giustificare il trasferimento del tfr ai fondi privati, durante il Governo Prodi del 2006, lo slogan era "siccome in futuro non ci saranno soldi per le pensioni" ...ma il punto è che prima sono stati e vengono ancora spesi male, non possiamo mandare in rovina uno dei pilastri dello stato sociale (e della democrazia, cioè l'assistenzialismo verso i deboli) perchè lo facciamo funzionare nel modo sbagliato. Sarebbe come rottamare un'auto a benzina perchè vogliamo farla andare a diesel.
E' tempo di avanzare delle proposte per rimettere in sesto il sistema previdenziale.
Le polizze private devono essere ricondotte nel loro alveo e nella loro definizione originari, essere per cui strumenti 'integrativi', 'complementari', da affiancare ad un altro 'centrale'.

Poi, con le riforme dell'attuale Ministro del Welfare Elsa Fornero, si è passati tutti al sistema contributivo, ossia con una pensione commisurata al cumulo dei versamenti fatti in età lavorativa; un passo avanti ma che non risolve il più evidente dei problemi. "Lo Stato dovrebbe cercare di livellare le differenze non esasperarle" dice Roberto, ed è questo il nodo.
C'è chi estremizza ed invoca le "pensioni uguali per tutti", ma io più cautamente parlo di "pensioni più simili per tutti", cioè meno distanti come importo e calcolate con coefficienti diversi sul totale. Imporre, inoltre, un tetto massimo per gli assegni erogati dall'INPS.
Come ricorda Roberto, questa non è ingiustizia, ma umana solidarietà, riconosciuta anche dal principio Costituzionale "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva".
Le pensioni integrative non devono essere archiviate, se qualcuno sceglie di farsela, tanto meglio per lui, ma lo Stato non può e non deve trasferire le proprie funzioni al mercato.

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