Dopo lo scandalo che ha travolto l'Onorevole Lusi, ex-tesoriere della fu Margherita, tutti ora chiedono di rivedere il finanziamento pubblico ai partiti. Giustamente.
Dovete sapere che però il finanziamento pubblico non esiste più, spazzato via da un referendum del 1993. Dopo, per ovviare al problema, si sono inventati il 'rimborso elettorale', che però non funziona come un rimborso vero e proprio, in cui ti viene restituito del denaro già speso dietro la presentazione della relativa documentazione (fatture, ddt, scontrini..), ma di un fiume di denaro pubblico che sfocia direttamente nelle casse dei partiti.
Se alle elezioni si supera l'1% dei voti si accede alla Bengodi del rimborso: 5€ per ogni voto (e qui il concetto di 'rimborso' scricchiola terribilmente...), più tutte le spese (auto)dichiarate, con zero trasparenza, zero controlli, zero accertamenti.
Una legge che obblighi i partiti a rispondere della loro gestione economica e della loro democrazia interna fu proposta per la prima volta nel 1948 da don Luigi Sturzo, e col montare dello scandalo il Fatto Quotidiano, come da tradizione, si fa portatore di una petizione e di una proposta di legge in tal senso.
Basterebbe applicare sul serio il concetto di rimborso, cioè ripagare le spese sostenute solo dopo l'accertamento e la documentazione delle stesse. E già che ci siamo, applicare anche la metodologia francese per la campagna elettorale, in cui è lo Stato a curare affissioni e spazi pubblicitari, così intanto si preserva pure la par condicio.
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