Nella serata di ieri è avvenuto qualcosa di inaspettato a Palazzo Madama, dove è in discussione il ddl sul 'processo lungo'. Renato Schifani, di cui rispetto la legittima opinione, sia chiaro, è venuto meno al suo ruolo di garnate imparziale.
Il Presidente ha dichiarato che si attiverà per garantire che entro giovedì 4 agosto (ultimo giorno di lavori prima delle vacanze) il Senato voti il disegno di legge sul processo lungo e gli ultimi provvedimenti in calendario.
L'annuncio di Schifani ha scatenato la reazione del senatore democratico Zanda, a quanto pare d'accordo con me "L'opposizione cercherà di impedire l'approvazione del ddl".
Schifani, in un eccesso di political correct, lo ha ripreso "Lei può essere contrario, ma l'uso del termine 'impedire' denota un atteggiamento che va al di là dell'esercizio parlamentare. E' un'espressione troppo forte. Può manifestare contrarietà...". Va bene la forna, ma su, non mettiamoci a cavillare su ogni singola parola.
Al che, Zanda spiega "Lei deve presiedere e non deve battibeccare con i senatori. Lei non doveva dire che intende far approvare i provvedimenti, lei deve regolamentare i lavori" e rincara "La prima persona che deve fare attenzione al linguaggio è proprio lei".
Ecco, il Presidente del Senato, la seconda carica dello Stato, non deve rendere conto o cercare di assencondare i voleri di nessuno, deve presiedere e dirigere i lavori dell'assemblea.
Ripeto, come già difesi Fini ai tempi del dissenso interno con Berlusconi, Schifani ha diritto di aver le sue idee, ed io sarei anche favorevole al voto per i Presidenti delle Camere, ma non deve piegare il lavoro del Senato alle direttive del Governo.
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