di Leonardo Maga
Dopo la doppia scoppola subita alle elezioni amministrative ed al referendum abrogativo, il governo Berlusconi nella persona del ministro Tremonti ha deciso di annunciare la “grande” riforma del fisco, richiesta da Confindustria e sindacati e cavallo di battaglia del Cavaliere fin dalla sua “discesa in campo” nel 1994.
Fin qui le premesse sembrerebbero ottime, ma solo perché ancora la manovra non la si è analizzata: cosa comporta, in sostanza, il piano di Tremonti? L'obiettivo è quello di abbassare di tre punti percentuali (dal 23% al 20%) l'IRPEF, cioè in sostanza la tassazione sui redditi, compensandola con l'innalzamento di un punto percentuale (dal 20% al 21%) dell'IVA, cioè l'imposta sul valore aggiunto che colpisce lo scambio di beni e servizi.
Se è positiva l'idea di abbassare l'IRPEF, anzi direi quasi fondamentale, lo stesso non si può dire della scelta di alzare l'IVA, che colpendo i beni di consumo anche di prima necessità diminuisce il potere d'acquisto della famiglie, e soprattutto di quelle più disagiate. Avete capito bene, in parole povere quel poco di più che ti entra in tasca al ritiro dello stipendio finisce nelle casse del supermercato quanto vai a fare la spesa!
In pratica siamo di fronte alla classica situazione in stile Tomasi di Lampedusa: si sceglie di cambiare tutto affinché nulla cambi, e alla fine il giro di vite, quando serve diminuire le tasse ad una categoria, colpisce sempre gli stessi.
La più grande obiezione alla mia critica potrebbe essere quella dell'inesistenza di altre possibilità di azione, considerando che la manovra non può essere compiuta in deficit, ma la realtà è assolutamente un'altra. Se l'obiettivo di fondo dev'essere quello di diminuire le tasse sul lavoro trovando altre fonti di sostentamento per le casse statali, non si può non notare come in Italia abbiamo una tassazione sulle rendite finanziarie posta al 12,5%, decisamente più bassa del 27% francese e del 31,25% tedesco, che se alzata colpirebbe essenzialmente i grandi giocatori in borsa. Giocatori in borsa che verrebbero colpiti anche dalla nuova affascinante proposta sollevata dal movimento ¡Democracia Real YA!, e cioè l'introduzione della Tobin Tax, che colpisce le transazioni sui mercati valutari; è stato calcolato che ponendo in tutto il mondo l'aliquota allo 0,1% si otterrebbero 166 miliardi di dollari, quindi una valida scelta sarebbe quella di porla per la sola Italia all'1%.
Oltre a queste imposte miranti più che altro a colpire la speculazione, un'altra possibilità sarebbe quella della tassa patrimoniale sui grandi patrimoni per attuare una vera redistribuzione della ricchezza, in un momento dove il paese soffre fortissime diseguaglianze sociali; l'ipotesi della patrimoniale è già stata scartata da Tremonti perché mirerebbe a colpire i risparmi degli italiani, e infatti è da considerare sciagurata la proposta arrivata al Ministro, dal momento che non limitava questa tassa ai patrimoni più cospicui. Va comunque segnalato che oggi gli stessi risparmi cui il tributarista finge di interessarsi vengono erosi dalla sempre maggiore difficoltà delle famiglie ad arrivare a fine mese, a causa della stagnazione economica dovuta alla crisi ma anche e soprattutto all'assenza di riforme da parte del Ministero dell'Economia.
Tornando alle possibili riforme, rimangono due suggestioni che stanno prendendo sempre più piede nel dibattito recente, più che altro in rete, e cioè la legalizzazione delle droghe leggere e la regolarizzazione della prostituzione; è stato calcolato che alla Germania la tassazione delle droghe leggere frutterebbe 900 milioni di euro l'anno, una cifra che pur detraendo un 25%, che andrebbe eticamente investito in politiche di sensibilizzazione, costituirebbe un bel tesoretto. Con questo ho provato a dimostrare che, attuando una vera riforma “epocale”, affiancata possibilmente da una norma blocca debito inserita in Costituzione, forse si troverebbe addirittura il modo di abbassarla l'IVA, invece che usarla come strumento per reperire i fondi necessari all'abbassamento dell'IRAP, e magari si otterrebbero anche i fondi per tentare l'introduzione del reddito di cittadinanza, altra nuova suggestione proveniente dalla rete mai presa in considerazione dai nostri Governi.
PIENAMENTE D'ACCORDO, TRANNE CHE SUL REDDITO DI CITTADINANZA CHE COSTITUISCE UNA FORMA DI ASSISTENZIALISMO CHE NON POSSIAMO PERMETTERCI!
RispondiEliminabeh, sarebbe ovviamente l'ultima cosa, se si riesce a mettere a posto il bilancio a un punto tale che il reddito di cittadinanza non peserebbe lo si mette, altrimenti se il bilancio dello stato non lo regge si fa a meno. alla fine ha detto bene di pietro nell'intervista al corriere: bisogna salvare il welfare incentivando allo stesso tempo il libero mercato (che non è il motivo degli squilibri sociali in italia, visto che in italia non sappiamo manco cos'è il libero mercato), e le disuguaglianze sociali eliminarle sistemando un sistema di tassazione PENOSO. la concorrenza fa solo bene al cittadino, vedi telefonia ed energia elettrica, mentre fa male privatizzare i monopoli naturali, vedi autostrade e acqua.
RispondiEliminatornando al reddito di cittadinanza, comunque, leggevo su internet che avrebbe la funzione di far tornare la moneta di proprietà dei cittadini (oggi è di proprietà della banca che la emette), evitando il signoraggio. non mi chiedere di approfondire, però, perchè la spiegazione di tutto questo l'ho capita poco e di economia non è che capisca un gran che.