Per difendere la riforma 'epocale' (cioè d'epoca, del tardo medioevo, ndr) della giustizia, ora la Destra (anzi, no, è meglio dire semplicemente 'la maggioranza', perchè questa non è la Destra, come spiego qui e qui) va sostenendo che anni prima la sinistra avesse presentato una sua proposta di riforma, a firma Boato, che prevedeva le stesse cose.
Non è proprio così:
Separazione delle carriere
Il testo della Bicamerale affermava che “la funzione giurisdizionale è unitaria” (art. 118), mentre la riforma Alfano prevede che “i magistrati si distinguono in giudici e pubblici ministeri. La legge assicura la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri” (art. 5 ddl Alfano). Il testo Bicamerale aggiungeva che “tutti i magistrati ordinari esercitano inizialmente funzioni giudicanti per un periodo di tre anni, al termine del quale il Consiglio superiore della magistratura ordinaria li assegna all’esercizio di funzioni giudicanti ovvero inquirenti, previa valutazione di idoneità. Il passaggio tra l’esercizio delle funzioni giudicanti e del pubblico ministero è successivamente consentito a seguito di concorso riservato, secondo modalità stabilite dalla legge. In nessun caso le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario” (art. 124) e “i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni” (art. 125).CSM Il progetto prevedeva un unico CSM composto però “di una sezione per i giudici e di una sezione per i magistrati del pubblico ministero”. Il ddl Alfano prevede due CSM: uno per la magistratura giudicante (art. 6) e uno per la magistratura requirente (art. 7). Nel progetto bicamerale “i componenti di ciascuna sezione sono eletti per tre quinti rispettivamente dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero tra gli appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Senato della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio” (art. 120). Nel ddl Alfano, i componenti del CSM-giudicante sono eletti “per metà da tutti i giudici ordinari previo sorteggio degli eleggibili e per metà dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio”. Stesse regole per il CSM-requirente, con la differenza che sono i pm a eleggerli. Inoltre, nella bozza della Bicamerale le due sezioni potevano “esprimere pareri sui disegni di legge di iniziativa del Governo prima della loro presentazione alle Camere, quando ne venga fatta richiesta dal Ministro della giustizia” (art. 121). Nel ddl Alfano questa facoltà non è prevista. E’ un’altra variazione sostanziale, direi.
Provvedimenti disciplinari Il testo Bicamerale prevedeva una Corte di Giustizia, formata da nove membri eletti tra i propri componenti dalle due sezioni del CSM (art. 122). L’art. 9 del ddl Alfano, invece, prevede una Corte di disciplina – con una sezione per i giudici e una per i pm – i cui componenti sono eletti per metà dal Parlamento (attingendo a docenti e avvocati) e per metà dai giudici e pm (attingendo a loro colleghi, previo sorteggio degli eleggibili). La differenza è notevole, mi pare.
Obbligatorietà dell’azione penale
Il progetto Bicamerale statuiva che “il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale e a tal fine avvia le indagini quando ha notizia di un reato” (art. 132), mentre il ddl Alfano precisa che “l’ufficio del pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge” (art. 15). Il cambiamento, anche per i rimandi alla legge ordinaria, è molto pesante.
Polizia giudiziaria
Secondo la Bicamerale (art. 127) “L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria. La legge ne stabilisce le modalità”, il ddl Alfano invece prevede (art. 12) che “il giudice e il pubblico ministero dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità stabilite dalla legge”. Pure qui, la differenza salta agli occhi e non c’è bisogno di esegeti particolarmente esperti.
Responsabilità civile dei magistrati
La Bicamerale lasciava tutto invariato rispetto al dettato costituzionale, mentre il ddl Alfano (art. 16) introduce il principio in base al quale “i magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato. La legge espressamente disciplina la responsabilità civile dei magistrati per i casi di ingiusta detenzione e di altra indebita limitazione della libertà personale”.
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