"Viene concesso al parlamentare libertà preventiva di menzogna" scrive sul suo blog "può mentire al suo elettore, al suo datore di lavoro, senza alcuna conseguenza invece di essere perseguito penalmente e cacciato a calci dalla Camera e dal Senato".
Una visione superficiale di una delle fondamenta della Democrazia stessa, slegata dalla sua storia e dalle basi su cui esso nasce: il divieto di mandato imperativo è il vero significato dell'articolo 67, e Grillo lo liquida in maniera acritica e dilettantesca.
Le moderne democrazie sono fondate sulla mediazione politica dei partiti, e i parlamentari devono essere svincolati dagli interessi particolari dei suoi elettori per permettergli così di rappresentare gli interessi generali dell’intera collettività.
Spiega Salvatore Curreri, Ricercatore in Istituzioni di diritto pubblico, Università degli studi di Palermo "il divieto di vincolo sancito dall’art. 67 Cost. vale essenzialmente ad impedire che il mandato parlamentare possa essere revocato dagli elettori e (arbitrariamente) dal partito".
Il difetto, semmai, è l'assenza di preferenze nell'attuale legge elettorale, che dà il potere di scelta dei candidati alle segreteria di partito; e non bastano delle oceaniche 'parlamentarie' con 20 secondi di presentazione dei candidati per scegliere in maniera consapevole chi eleggere. E la soluzione ad un Porcellum che permette di votare solo il colore ma non il nome, non è l'imposizione del mandato imperativo, ma il potenziamento dei meccanismi elettorali.
Il suo "l'eletto non fa ciò che vuole", insomma, serve solo a Grillo per ribadire che le decisioni, nel M5S, vengono imposte da altri, e non le prendono i rappresentanti democraticamente eletti.
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