venerdì 23 luglio 2010

A Rischio le WebTV, l'Altro Bavaglio


La FEMI (Federazione Italiana delle Micro WebTV) suona l'allarme, denunciando che gli oltre 350 piccoli canali televisivi su internet sono a rischio in seguito alle delibere dell'AgCom che seguono quanto previsto dal Decreto Romani.
In questo decreto c'è l'equiparazione dei siti web alle Tv, che come dice Marco Pancini, dirigente di Google Italia: "ha una conseguenza importante: disapplica, di fatto, le norme sul commercio elettronico in base alla quale l’attività dell’hosting service provider, cioè del sito che ospita contenuti generati da terzi, va distinta da quella di un canale tv, che sceglie cosa trasmettere. Significa , distruggere il sistema Internet".
Questo decreto prevede l'autorizzazione ministeriale preventiva per trasmettere via web, una cosa che limiterebbe molto il funzionamento di internet. I provider sarebbero responsabili dei contenuti pubblicati sul web, e dovrebbero rimuovere quelli che violano il diritto d'autore, pena una sanzione, che potrebbe arrivare a 150 mila euro per ogni richiamo.
Dopo il decreto Levi (ritirato), l'emendamento D'Alia (abrogato), Il Ddl Carlucci per togliere l'anominato in rete (arenato alla Commissione Trasporti), eccoci di nuovo con un bavaglio per internet. Con Il Decreto Legislativo Romani , chi ha un collegamento internet, rischia di dover pagare anche il Canone RAI.
L'Agcom, delegata all'attuazione del provvedimento, diventerà "sceriffo" della Rete, perchè dovrà vigilare che i siti web rispettino davvero le regole del diritto d'autore; un eccesso di delega vero e proprio, a fronte di una legge delega di 11 righe, contiene di fatto, in una ventina di articoli e 35-40 pagine, una riforma radicale delle norme italiane su tv e Internet.

L’avvocato Guido Scorza, esperto in diritto delle nuove tecnologie, dal suo blog è perentorio:
"Conviene dire subito che gli schemi di regolamento allegati alle delibere, se approvati nell’attuale formulazione, trasformerebbero la Rete italiana in una grande TV e gli unici in grado di fare informazione ed intrattenimento online sarebbero proprio i Signori della TV. Un ciclone di costi e burocrazia si abbatterebbe sul mondo delle micro web tv italiane e la sensazione è che solo poche potrebbero sopravvivere."

Infatti, se verranno confermati i nuovi regolamenti tutte le web tv dovranno richiedere all’Agcom due autorizzazioni, una per trasmettere in streaming ed una per l'on demand. Al costo di 3.000 euro ciascuna. Senza contare una burocratizzazione delle strutture che renderebbe ancora più complessa e costosa la gestione delle piccole realtà che trasmettono sul web. Decretandone, quindi, la morte. Soprattutto per quanto riguarda le web tv più piccole e “libere”, che spesso si basano sull'attività quasi o del tutto volontaria di chi le gestisce.

Puntuale l'osservazione di Giampaolo Colletti, presidente della FEMI:
"La FEMI guarda con molta preoccupazione i tentativi di regolamentare e tassare in modo arbitrario e pretestuoso il sistema informativo digitale rappresentato dal giornalismo partecipativo dal basso e non esclude di passare a forme di mobilitazione 'a rete unificata'.
Questi micro canali creati da cittadini videomaker per passione rappresentano nella loro unicità il tessuto informativo iperlocalizzato italiano e svolgono un ruolo di primaria importanza e un servizio di pubblica utilità, colmando un vuoto informativo. L’entry level dettato anche dall’abbattimento dei costi del digitale ha favorito in questi mesi una crescita a tre cifre e una professionalizzazione delle italianissime web tv. Il rischio che questo schema di regolamento pone è la chiusura, in un terreno come quello del net dove la democrazia partecipativa informativa dovrebbe essere tutelata."


Mentre oltreoceano (ne parlo qui) il diritto di esprimersi ed informare viene difeso anche per le più mere bischerate, da noi si cerca di rendere impraticabile ogni canale.

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