Nello svolgere il suo ruolo di collaboratrice del programma educativo, Jennifer Keeton, anteponeva le proprie convinzioni omofobe alla professionalità, emettendo giudizi morali sulla sessualità di quanti si rivolgevano a lei e indicando quali erano i valori corretti da seguire. Manco a dirlo, per giustificare il suo comportamento, Jennifer ha tirato in ballo le proprie convinzioni religiose.
Lo scenario è l'Università Statale di Augusta in Georgia (USA).
L'istituto allora le ha chiesto di adeguarsi al protocollo stabilito, pena l’impossibilità di continuare a lavorare nel programma educativo e le ha offerto di partecipare a seminari sulla diversità. In tutta risposta, Jennifer si è rivolta al tribunale, con l'appoggio dell’Alliance Defense Fund, organizzazione religiosa legata a gruppi di 'ex-gay'.
Il verdetto, emesso dal giudice federale J. Randall Hall, dà ragione all'università, perchè "un’istituzione educativa dev’essere capace di esigere standard accademici", e sottolinea che "la liberà religiosa della Keeton non è stata minimamente violata dal momento che il comportamento dell’università è scaturito dall’incapacità mostrata dalla ragazza di svolgere il suo lavoro di consigliera in maniera etica e professionale, evitando, cioè, di imporre il suo punto di vista agli utenti e non rispettando, di fatto, il codice etico del programma".
Ecco un altro episodio di integralismo religioso in cui si tenta di imporre la propria visione del mondo sugli altri, e con la scusa della religione si pretende anche di piegare democrazia e giustizia.
La religione è una cosa strettamente privata, e non deve giustificare l'omofobia o la discriminazione, ma neanche (per citare qualche caso vicino a noi) la violenza sulle donne, il burqa o il crocifisso.
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