La legge 75 del 1958, prima firmataria la deputata socialista Lina Merlin, è la legge che ha abolito la regolamentazione della prostituzione, ossia le case di tolleranza, e ha avviato la lotta allo sfruttamernto di essa.
Il principio conduttore della legge era la condanna al mercimonio del corpo delle donne, soprattutto se fatto da parte dello Stato; principio sottoscritto già nel 1955 con l'adesione dell'Italia all'ONU dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, che prevedeva "la repressione della tratta degli esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione".
Attenzione, le legge non proibisce, come molti pensano, la prostituzione, che dovrebbe rimanere una libera scelta dell'individuo, ma lo sfruttamento di essa.
Purtroppo, però, i risultati di questa legge sono sotto gli occhi di tutti: decine di migliaia di prostitute e prostituti costretti a vendersi sulle strade, quasi sempre sotto il controllo di protettori violenti e senza scrupoli.
La volontà di abolire questa legge viene ogni tanto tirata fuori dal cilindro, in tono populista per attirare qualche voto latente; giusto per citare due episodi recenti, i ministri Daniela Santanchè e Roberto Caldeorli.
I missini eredi dell'ideologia fascista votarono contro la sua approvazione, e la presa di posizione della Lega Nord ricalca quel percorso; sono sempre più frequenti gli accostamenti tra l'ideologia fascista e quella leghista (ne parlo qui e qui).
Quella che invece propongo io è una riforma della legge Merlin di orientamento radicale, radicale di sinistra però, che tuteli la libera autodeterminazione delle persone ed al contempo ne impedisca lo sfruttamento: non si tratta di una semplice riesumazione delle case chiuse, ma di permettere a chi vuole prostituirsi di costituire delle cooperative (cooperative di soci lavoratori, però, e qui sta la lotta allo sfruttamento) per l'esercizio dell'attività, rendendola visibile anche sotto il profilo fiscale.
Credo che istituire dei quartieri a luci rosse sul modello olandese sia una forma di ghettizzazione, ma è vero anche che mettere corpi nudi in vetrina può contravvenire alle regole del riguardo e urtare le sensibilità altrui. Essere laici, libertari ed aperti non significa impedire agli altri di avere un proprio giudizio, imponendo l'amoralità come valore, ma rispettare le diverse inclinazioni e personalità.
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