I puristi del giudizio ritengono che un processo non sia fatto solo di verbali e deposizioni, ma che sia importante anche il gioco di atmosfere e sensazioni che si respirano durante una causa; gocce di sudore, balbettii, rossori.
E' con questo spirito che è stato scritto l'articolo 525 del Codice di Procedura Penale, che al comma 2 recita: "Alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento". Sulla carta, un principio giustissimo.
In un mondo in cui ogni giudice segue 2 o 3 processi per volta, e che in tutto durano al massimo qualche settimana, è perfetto. Ma in un'Italia in cui le udienze si rinviano di mesi, ed in cui ogni giudice è chiamato a sentire le deposizioni di 20 o 30 persone, credete veramente che un magistrato si ricordi di ogni tremito ed ogni goccia di sudore versata?
Esistono infatti registrazioni, verbali e trascrizioni proprio per correre in soccorso alla memoria dei magistrati, che ad ogni udienza devono riascoltare e rileggere decine di faldoni vecchi di mesi. E se queste registrazioni, queste trascrizioni, venissero riascoltate e rilette da nuovi giudici, sarebbe così grave?
Al limite, basterebbe un "sia messo a verbale che il teste suda e deglutisce durante la deposizione" di un avvocato nel corso del dibattimento.
Senza contare gli impegni, privati o professionali per altre cause, di ogni giudice coinvolto nella causa, le malattie, le ferie, i matrimoni, le gravidanze, e per ogni assenza, nuovi rinvii, proroghe, magari con la spada di damocle della decorrenza o della prescrizione che incombe.
Per migliorare la qualità della giustizia e l'efficacia della magistratura, propongo quindi di abrogare il comma 2 dell'articolo 525 del Codice di Procedura Penale, o di riformarlo: "Alla deliberazione concorrono, quando possibile, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento".
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