giovedì 4 novembre 2010

Sanremo e l'Unità d'Italia

Ho trovato molto significativa la proposta di Gianni Morandi, designato conduttore della prossima edizione del festival di Sanremo, di dedicare una serata della kermesse ai 150 anni dell'Unità d'Italia.
Voglio commentare le polemiche che ne sono seguite, facendo una piccola cronistoria degli eventi successivi: in un'intervista il cantautore/presentatore ha eletto Bella Ciao come primo brano da eseguire in nome della storia del paese. Come si sa, però, l'inno partigiano ha valenze controverse, ed ha assunto negli anni forti connotati politici, non condivisi da tutti.
Subito dopo, sono arrivate le dichiarazioni della dirigenza Rai per bocca di Mazzi, che dopo aver chiarito che il significato dei brani scelti deve essere artistico e non politico, si è subito contraddetto. Oltre a Bella Ciao ci sarebbe dovuta essere infatti Giovinezza, storico inno della gioventù fascista.
Subito si è scatenato il vaspaio politico: il PDCI ha bollato la cosa come "una vergogna colossale"; anche il leader di Rifondazione Paolo Ferrero all'attacco: "Vi sono parti della nostra storia patria che non possono essere sdoganate sotto forma di fenomeni di costume"; alle critiche si è unito anche lo storico Nicola Tranfaglia, dell’Italia dei valori: "È un ritorno alla retorica fascista che gli italiani speravano di aver archiviato con la lotta di liberazione più di settant’anni fa"; arriva per ultimo il Partito Democratico, per bocca di un indolente Pierluigi Bersani: "Non è possibile...se fosse vero dovrebbero vedersela con noi".

Premettendo che proprio in seguito a tutto questo sono state annullate le due esibizioni, vorrei esporre il mio pensiero: condivido in pieno le impressioni di Ferrero e Tranfaglia, e sono fermamente contrario all'esibizione di Giovinezza come brano storico dell'Italia. Allo stesso modo, sia chiaro, mi opporrei se sul palco dell'Ariston venissero proposti brani oggettivamente politici di sinistra, come Bandiera Rossa, ad esempio.
Il discorso cambia per Bella Ciao, il cui significato politico è successivo: in origine un inno della Resistenza Partigiana, a cui hanno partecipato, sì, i Comunisti, ma anche i Democristiani, gli Azionisti e i Liberali, è stato poi fatto proprio dall'estrema sinistra rossa. La colpa di questo, è da imputare proprio ai Comunisti, che negli anni hanno fatto di questa canzone un uso smodato, spesso immotivato, per perorare le loro lotte.
Si può quasi costruire un parallelismo con il sole delle alpi, storicamente simbolo culturale del settentrione, espropriato dal pensiero politico leghista (anch'esso di recente nell'occhio del ciclone, ne parlo qui).
Io non credo, però, che eseguire Bella Ciao a Sanremo sia una cosa poi così sconveniente, se inquadrato nel giusto contesto: celebrare l'Unità d'Italia è sicuramente più importante di qualsivoglia congettura politica, e nessuno chiede lo sventolio di bandiere rosse, falci o martelli.
Non si può, però, decidere di aprire un congresso di partito con una canzone e poi stupirsi se questa viene additata come politicizzata dall'opposizione.

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