mercoledì 10 novembre 2010

L'Avvenire contro Fini

Un discorso come quello di Gianfranco Fini, pronunciato domenica a Bastia Umbra per la convention di Futuro e Libertà, non avrebbe fatto per nulla notizia in nessuna democrazia degna di questo nome; nel nostro paese, invece, è qualcosa di rivoluzionario, specie nell'ambito della destra italiana.
Parole umane e civili, in difesa di cristiani, musulmani, ebrei, italiani, immigrati, eterosessuali e omosessuali. Solo parole, per ora, ma che già segnano un'inversione di rotta rispetto all'atteggiamento osceno e da osteria del Premier:
"Su questi temi, sui temi dei diritti civili, non c’è in alcuna parte d’Europa un movimento politico così arretrato culturalmente come mi sembra essere il Pdl a rimorchio della peggior cultura leghista".

Proprio il tema dei diritti civili, visto dagli estremisti cattolici come il male assoluto, ha fatto sobbalzare il quotidiano dei vescovi, Avvenire:
Marco Tarquini, direttore del giornale, attacca il presidente della Camera, parlando di un “rischioso futurismo familiare“.

"Spiace, infatti, constatare che il primo a fare le spese lessicali e programmatiche del riproporsi di un Fini-pensiero purtroppo già noto sia stato l’istituto della famiglia costituzionalmente definita (articolo 29), cioè quella unita regolarmente in matrimonio e composta da un uomo e una donna e dai figli che hanno messo al mondo o accolto in adozione. Il neoleader di Fli e attuale presidente della Camera si mostra, insomma, pronto a ridurre la “famiglia tradizionale” a una possibilità, a una mera variabile in un catalogo di desideri codificati, manco a dirlo, secondo gli “standard europei”."

La solita tiritera falsa sull'articolo 29, che non impone alcuna limitazione sessuale sui coniugi (ne parlo anche qui). Ve lo riporto qui:
"La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare."

Quello che manca è il riconoscimento pubblico, che anzi dovrebbe derivare proprio dalla Costituzione. E che invece i sedicenti sostenitori della famiglia si ostinano a negare.

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