Continua la mia critica ai regolamenti parlamentari (come qui). Parliamo dell'Astensione.
Come ha spiegato Francesco Cossiga in una intervista a Radio24, alla Camera gli astenuti riducono il quorum, mentre al Senato il quorum, anche se alcuni senatori decidono di partecipare al voto con un'astensione, resta invariato. Ossia non votare equivale a dare un voto contrario.
Perchè? Per logica, chi non vota non prende posizione, e lascia agli altri la responsabilità della decisione.
Andrea Manzella ha dedicato all' argomento un interessante articolo su Repubblica, e anch'egli lo definisce "un non senso, una bizzarria, che è vecchia come la Repubblica perché il Senato ha sempre rifiutato, per immotivata pigrizia, di correggerla e la Corte costituzionale, nel 1984, si dichiarò pilatescamente impotente a farlo".
Non mi pare un'eresia chiedere ai Senatori di prendere una posizione chiara, a favore o contro.
Molto spesso le votazioni tra favorevoli e contrari si concludono con un risultato che però viene capovolto dalla quota delle astensioni. Attenzione, però, è sbagliato pensare che rendere ininfluenti i non votanti possa cambiare qualcosa: i senatori che si astengono, sanno bene cosa questo significhi, e magari scelgono di farlo solo per indicare che il loro è un 'no' diverso nei motivi dal 'no ufficiale'.
Questa modifica si baserebbe solo su un principio di chiarezza e trasparenza, che costringerebbe i senatori ad assumere una posizione vera e palese, senza nascondersi dietro un atteggiamento degno di Ponzio Pilato.
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