Dibattendo con alcuni amici si è ripresentata l'annosa questione circa il degrado della partitocrazia odierna: "I partiti sono marci" l'obiezione sollevata. Dal PSI craxiano in poi, i partiti si sono trasformati in corporazioni di tutela degli interessi ed autoreferenzialità della casta.
Certo, giusto, sono d'accordo. Ma qual'è l'alternativa?
Senza intavolare auliche discussioni tirando in ballo l'articolo 49 della Costituzione, "tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale", non credo ad oggi esista una valida opzione per sostiuire gli amati/odiati partiti.
Ricordo, tra i populistici deliri del comico Grillo, anche quello di "distruggere i partiti", che sono il "cancro della democrazia"; il suo sogno è la "democrazia diretta", il popolo che si riappropria della politica... come discorso campato in aria direi che non fa una piega, ma concretamente lo trovo difficile da realizzare (ne parlo anche qui).
Altro aspetto contestabile, è la struttura interna dei soggetti politici: se, nella prima repubblica, esistevano grandi formazioni di massa come il PCI o la DC, abbiamo assistito negli anni ad una verticalizzazione delle organizzazioni, che hanno incentrato il loro consenso sull'adorazione e sul carisma del leader. E' il caso del già citato PSI, di FI, del PDL, ma anche dell'IDV, di SEL o del M5S.
Questa peculiarità è riscontrabile anche nel modo di gestire il dissenso: se una DC degli anni '80 era capace di inglobare ed appianare le controversie interne, come dovrebbe essere politicamente corretto e giusto, la recente scissione finiana dimostra invece che la sola via per correggere il tiro in un moderno partito leaderista è quella della separazione.
Un movimento che si oppone alla morfologia verticistica dei partiti di oggi, che propugna un'anarchica forma orizzontale, non può per ragioni pratiche essere attivo ed efficiente in maniera valida sulla scena sociale.
In conclusione, seppur contesti le velleità leaderistiche dei partiti odierni, non posso non riconoscere i limiti e l'ingestibilità di una struttura orizzontale. Come per la politica nazionale, sono favorevole anche ad una democrazia interna ai partiti di tipo rappresentativo, una formazione genuinamente politica capace, con la mediazione ed il confronto, di risolvere ed assorbire i conflitti interni.
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